lunedì, febbraio 05, 2007

La Battaglia di Catania

Ciao,
in questi giorni piangiamo tutti la scomparsa di Filippo Raciti durante la Battaglia di Catania. E sempre in questi giorni ho sentito tante di quelle corbellerie sull’argomento, che mi sento costretto ad intervenire con questo post.
Catania è una piazza calda, come hanno confermato molti ex-calciatori che vi hanno trascorso parte della loro carriera. Tuttavia, i fatti luttuosi di sabato sarebbero potuti accadere ovunque. Le scritte apparse sui muri di molte città italiane, costituiscono la prova che il campo di battaglia è esteso a tutto il territorio nazionale. C’è una guerra tra fazioni di colore diverso: da una parte c’è lo stato, dall’altra gruppi più o meno numerosi, più o meno organizzati, più o meno schierati politicamente, più o meno manipolati, ma comunque violenti e desiderosi di combattere la propria guerra. Non saprei come definirli, forse delinquenti, certamente non tifosi. Le ragioni di tanta ferocia possono essere diverse. Tra tutte, si parla di disagio sociale. Da cosa abbia origine questo disagio nessuno lo dice. I nostri politicanti si sono limitati ad esprimere cordoglio alla famiglia colpita, ed ad affermare che si è passato il limite e saranno attivati provvedimenti severissimi. Esattamente quanto detto e fatto pochi mesi or sono dal di allora ministro Pisanu. A quanto pare inutilmente. E non mi importa sapere se per deficienze dei provvedimenti o di chi avrebbe dovuto farli rispettare. A questo punto la domanda è: cosa dobbiamo aspettarci?
Ecco come la vedo io. La nostra società non è malata, come pure sento spesso dire. E’ decadente. Ci troviamo in una fase in cui diamo importanza all’effimero, all’apparenza, all’ostentazione. Non badiamo a come stanno le cose, ci interessa come sembrano. Curiamo la forma, non la sostanza. Ci interessa il successo come scopo finale, non come conseguenza di particolari meriti. I programmi televisivi propongono soprattutto modelli di questo tipo. E più sono idioti, più hanno successo. Speriamo di aver toccato il fondo con Frizzi e i cani dei vip. In questo contesto non abbiamo tempo né voglia di lavorare. Gli immigrati lo stanno facendo per noi: loro sono le formiche. Siamo troppo occupati a godere di quanto costruito dalle generazioni passate: noi siamo la cicala. Ma non può durare a lungo: finiremo come tutte le civiltà che si sono succedute nel corso della storia. Saremo spazzati via da altri che prenderanno il nostro posto. Ma anche loro, raggiunta una posizione dominante, si adagieranno e faranno la stessa fine. E’ nella natura dell’uomo. Come la violenza. Inutile negarlo, siamo animali violenti. Biologicamente si tratta di un eccesso di testosterone (ecco perché sono violenti soprattutto i maschi), che deve essere smaltito. Come? Mi vengono in mente due modi: il sesso e la violenza, il che significa procreazione e affermazione (intesa sia come affermazione di sé, sia come sopraffazione altrui). Ed in una società come quella che vedo io, la violenza e l’affermazione sono da preferirsi al sesso, che per inciso, non regala le scariche di adrenalina tipiche delle situazioni critiche e di pericolo. Ecco, la guerra urbana di Catania, molti crimini dei nostri giorni, persino il malgoverno dei nostri politicanti (che dopotutto fanno soltanto gli interessi di chi li controlla), sono da ricondurre, secondo me, ad una pulsione irrefrenabile che mira all’affermazione e alla sopraffazione. I nostri padri, i nostri nonni avevano altro di cui occuparsi: due guerre mondiali e un ventennio di dittatura nel secolo scorso, con tutte le conseguenze che ne sono derivate.
In tutto ciò, sinceramente, credo che il calcio e lo sport siano eventi marginali. Chi li vuole tirare in ballo sta cercando un alibi: le partite di calcio sono un inciso via via meno importante nelle pagine dei quotidiani sportivi. A conferma di ciò, in una domenica senza partite tutte le trasmissioni che discutono di calcio sono andate regolarmente in onda. Probabilmente con dati di ascolto migliori del solito: meglio un morto che un bel tre a zero. Perché, come ho avuto modo dire in passato, è soltanto una questione di soldi. E sul calcio se ne fanno tanti. Per questo il mondo del calcio non può cambiare, né a causa del doping né a causa di dirigenti e arbitri corrotti, né a causa di episodi di violenza. Con enormi vantaggi per tutti coloro che ci stanno dentro: calciatori, allenatori, opinionisti, dirigenti e presidenti. Un esempio per tutti: il presidente del Catania sabato voleva mollare tutto, ma oggi ci ha già ripensato. Un’ultima riflessione, forse cinica, forse fuori luogo, forse in quel contesto io non sarei migliore. Non mi era mai capitato di vedere, a fronte di un crimine commesso in una terra con determinati problemi (di traffico, direbbe Benigni), tanta gente mettere la faccia di fronte ad un microfono, per manifestare la propria condanna. Vedremo se al prossimo morto ammazzato (di traffico) i catanesi saranno ugualmente disponibili oppure torneranno a dire:”Nienti sacciu”.

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