lunedì, febbraio 20, 2006

E’ solo una questione di soldi

Ciao,
sono uno che non guadagna un centesimo col calcio e nemmeno lo spende, per il calcio. Per tanti motivi. Non ho Sky, non ho il digitale terrestre e non compro i quotidiani sportivi. Da qualche anno non vado allo stadio. Questo fa di me una persona professionalmente disinteressata, e quindi indipendente, nelle proprie opinioni.

Ecco la mia su quanto accaduto ieri.


Non è la prima volta, e non sarà nemmeno l’ultima, che un calciatore si fa male. Alcuni sono stati costretti a smettere, altri sono tornati in campo. Ovviamente io per primo auguro al Capitano una guarigione completa sia dal punto di vista fisico che psicologico. Come molti, mi sono chiesto se si è trattato di una fatalità o di un infortunio annunciato e inevitabile. In genere, in questi casi, si scatena una caccia al colpevole: gli arbitri, gli avversari, Spalletti addirittura, e finanche il Medico Sociale, sono stati chiamati in causa. La verità l’abbiamo vista tutti: Totti è caduto male. Se però vogliamo andare fino in fondo in questa analisi, bisogna avere il coraggio di farlo come si deve.
Nel nostro campionato giocano 20 squadre le quali, teoricamente dovrebbero concorrere per la conquista di un trofeo: chi fa più punti vince. Semplice. E invece no: perché guardando la classifica si vede come una (teoricamente due) compete per il trofeo (ma se è una sola con chi compete?), quattro lottano per i tre posti validi per accedere al più importante torneo d’Europa, segue un gruppo più o meno omogeneo di formazioni (mediocri), ed infine ci sono i predestinati alla retrocessione. E’ evidente che non possiamo definire tutto questo come un Campionato di serie A: è piuttosto un coacervo di compagini di livello estremamente differente. Perché? Ma è semplice, e questo è semplice sul serio: più squadre uguale più partite; più partite uguale più diritti televisivi, e quindi più sponsor e più soldi (per le società, soprattutto le più importanti in modo da perpetuare il circolo vizioso appena descritto). Ma anche: più partite uguale più trasmissioni televisive, più giornali venduti e più soldi (per opinionisti, giornalisti, ospiti presenzialisti e proprietarie di belle gambe). Alcuni degli effetti collaterali di questa situazione sono: a) il fronteggiarsi calciatori di serie A con calciatori (nel senso che danno calci) più o meno improvvisati; b): la necessità di rimanere aggrappati alla serie A in ogni modo (doping, gioco scorretto e/o violento con lo scopo di eliminare fisicamente l’avversario più pericoloso; c): mancanza di allenamento e maggiore probabilità di infortunarsi). In tale mondo ognuno fa il suo mestiere: Totti deve fare il Campione e altri faranno la loro: chi l’arbitro incompetente, chi il Bogoni (ve lo ricordate, vero?) della situazione, chi l’opinionista-banderuola, e chi il dopato innocente. E’ un gioco di ruolo in cui ciascuno ha una parte da interpretare, ma tutti, più o meno, ci guadagnano, tranne quelli che vi assistono (che poi sono quelli che ci mettono i soldi). In questo contesto, mi dispiace dirlo, ma lo penso veramente, la caviglia di Totti è un ottimo argomento di discussione: porterà a maggiore audience ed a vendere più copie. Se ne parlerà a lungo con forti guadagni per opinionisti, testate televisive e giornalistiche. In fondo in fondo, il mondo del pallone (in cui, badate bene, non includo tifosi e appassionati che lo alimentano con i propri soldi), con questa storia ci guadagnerà: pensate a quanti spunti di discussione da qui ai Mondiali e anche dopo, comunque andrà. Eh si, perché ormai da un pezzo il calcio ha cessato di essere uno sport, per trasformarsi in un argomento di discussione: le partite sono solo un pretesto.
Con rimpianto per i tempi di Ameri e Ciotti


sabato, febbraio 18, 2006

Lezione di Antropologia


Ciao,
tutti gli individui appartenenti alla razza umana sono più o meno diversi fra loro. Alcuni gruppi sono riconoscibili in base a caratteristiche esteticamente evidenti e macroscopiche, come il colore della pelle o la statura. E’ possibile, nell’ambito degli stessi gruppi, individuarne poi altri, ed altri ancora, che solo gli studiosi sono in grado di distinguere. Alcune caratteristiche dell’essere umano però, non sono tipiche di un gruppo etnico piuttosto che un altro, ma si ritrovano distribuite più o meno in modo uniforme: parlo, ad esempio, dell’intelligenza.
A tal proposito vorrei, in controtendenza, spezzare una lancia in favore del Sig. Calderoli. Egli costituisce una conferma a quanto precedentemente affermato: e cioè che la distribuzione dell’intelligenza è più o meno uniforme. Possiamo considerare tale distribuzione in un grafico che riporti sull’asse X gli tutti gli individui, e sull’asse Y il livello di intelligenza. In un sistema di questo tipo sono necessari, al fine di mantenere la media abbastanza costante, individui come il Sig. Calderoli: in caso contrario non si potrebbero giustificare i picchi corrispondenti a persone come Einstein, Planck, Riemann, Leonardo da Vinci e via dicendo.
Per concludere, l’intelligenza non è un merito, ma una dote. Non si può colpevolizzare una persona in quanto priva di una dote. E’ nostro dovere rispettare tutti, ed in particolare anche coloro che hanno contribuito alla carriera del sig. Calderoli, consapevoli del fatto che prima o poi qualcuno riporterà in media il livello intellettivo della razza umana.

Nella prossima lezione tratteremo il tema della bellezza estetica, che è fortemente legato a fattori culturali tipici dei singoli gruppi umani. Naturalmente, esistono importanti eccezioni che potremo definire di carattere universale. Ancora una volta il Sig. Calderoli ci aiuterà a comprendre appieno questo concetto.

giovedì, febbraio 09, 2006

Non ne posso più

Ciao,

eccheppallecostoTORINO2006!


mercoledì, febbraio 08, 2006

Democrazia: la conquista di un’illusione o l’illusione di una conquista?


Ciao,
a proposito di quanto sta succedendo tra Europa-Stati Uniti e mondo islamico ho qualche riflessione, anche di carattere più generale. Nessuna delle due culture accetterebbe in casa propria le regole dell’altra, eppure siamo andati in Iraq per imporre la “democrazia”. E’ giusto meravigliarsi se, una volta eliminato il feroce dittatore, la situazione è quella di un paese in cui governa il caos?
Letteralmente, democrazia, significa governo del popolo. Naturalmente, come tutte le forme di governo, è un’utopia, un traguardo irraggiungibile. La libertà, che dalla democrazia dovrebbe derivare, è un illusione che va conquistata a caro prezzo. La definirei “la conquista di un’illusione” e, di conseguenza, “l’illusione di una conquista”. Ma le conquiste non possono essere imposte: vanno raggiunte in prima persona. Quanto alle illusioni, ciascuno culla le proprie e le custodisce come può. Ogni popolo pensa e agisce in base alla propria storia, spesso senza farne tesoro. Penso agli Stati Uniti, che credono di esistere per contrapporsi al Male, ma lo ricercano solo in casa altrui, peraltro senza mai sconfiggerlo; penso ad Israele, patria di un popolo senza terra per millenni eppure unito e sempre perseguitato, che ora infligge ad altri la stessa pena; penso ai Palestinesi, che tale pena non vogliono subire, e che hanno un’occasione irripetibile per dare al mondo intero una lezione di civiltà con Hamas al governo se mai si raggiungesse la pace; penso in genere a tutti i musulmani che non tollerano, giustamente, che la loro illusione sia derisa in occidente; penso al Vaticano, che sempre ha tenuto in maggior considerazione il potere temporale rispetto a quello religioso, pur affermando ridicolmente l’opposto; penso all’Italia, sempre divisa in fazioni, granducati e comuni fin dai tempi di Roma, così come ora è divisa prima delle elezioni, perché è pur sempre meglio capeggiare una banda di tre elementi piuttosto che fare il vice in un’organizzazione di 1000 persone. E potrei continuare a lungo…
Non è sufficiente studiare la storia e le scienze per progredire: occorre innanzi tutto avere il coraggio di scrivere obiettivamente, ammettere i propri errori prima di quelli altrui, e tentare di cambiare i comportamenti che in passato tanto hanno nociuto. Purtroppo i nostri leader sono troppo occupati a riscrivere la storia del recente passato per occuparsi di quella futura.

“Homo homini lupus”
Plauto (Asinaria, v. 495)

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