lunedì, gennaio 02, 2006

Un maggiordomo strapagato

Ciao,
quasi sette anni or sono, in una delle residenze più antiche e prestigiose di Roma, si ricercava un maggiordomo. I requisiti richiesti erano: nome altisonante, statura non troppo elevata, età non più giovane (perché ispira simpatia), e naturalmente spiccato senso del servilismo. I suoi doveri sarebbero stati di tenere pulita la residenza, viaggiare, tenere discorsi retorici e spesso noiosi, presenziare a cerimonie di vario tipo, ma nello stesso tempo cercare di apparire il meno possibile nelle occasioni importanti. La retribuzione era garantita ai massimi livelli della categoria. Nessuno, tra coloro che in precedenza avevano avuto questo incarico, aveva dimostrato di possedere tutti i requisiti richiesti, per cui non si pensava di poter trovare il candidato ideale.
Invece, si presentò un signore sulla settantina, dal doppio nome di battesimo, sposato, non alto, che, a quanto si affermava sul suo curriculum vitae, per anni aveva servito e difeso con devozione e perseveranza gli interessi di coloro che custodivano e vigilavano sul tesoro di un intero popolo. Compito non facile, visto che il suo successore in tale ruolo è naufragato tra gli scogli degli scandali e delle polemiche, ma questa è un’altra storia…
Torniamo a noi. Il nostro candidato superò tutti i colloqui e fu assunto in pianta stabile con contratto (rinnovabile) della durata di sette anni. Si trasferì con la sua signora nella nuova residenza e iniziò la sua avventura. Il Padrone (chiunque egli fosse) fu sempre soddisfatto di lui: una persona discreta e fidata - così diceva il Padrone – che sente ma non ascolta, e che raramente, ma solo per una questione di forma, ha esternato la sua opinione.
Tutti vorrebbero un maggiordomo così. Ed infatti tutti ne parlano bene, le sue referenze sono ottime, ed il suo contratto sta per scadere. Il suo futuro Padrone (chiunque egli sarà) non potrà che esserne soddisfatto.
Anche il migliore dei servitori, però, è un essere umano che invecchiando, perde colpi.
Recentemente, attanagliato dal timore di non esser più all’altezza del proprio compito, si è lasciato andare ad uno sperticato autoelogio nel tentativo di meritarsi il rinnovo del contratto. Tutti hanno avuto l’impressione di vedere in lui il suo attuale Padrone, che in questo campo è sicuramente il migliore. Come si dice: il cane dopo un po’ tende ad essere simile al padrone…Il Padrone però non gradisce le imitazioni di sé stesso: o meglio, come il Dio del Corano ha proibito qualunque sua rappresentazione (che non abbia espressamente autorizzato).
Il giorno successivo il maggiordomo, credendo di compiacere il Padrone, ha filosofeggiato di guerra e di pace, introducendo il concetto di guerra guerreggiata. Evidentemente deve perciò esistere anche una condizione di guerra non guerreggiata: può essa identificarsi con la pace? Ma allora la guerra guerreggiata non potrebbe essere definita più semplicemente guerra? Il dibattito è aperto, in attesa di chiarimenti, Padrone permettendo, da parte del nostro maggiordomo. Nostro, si perché, dopotutto, siamo noi che lo paghiamo per dire queste fesserie.

In futuro cerchiamo di essere più attenti a chi ci mettiamo dentro casa.


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